Ottobre: lotta al tumore al seno
Lotta che significa anche rispetto.
Rispetto nel raccontare quello che davvero è valido nella prevenzione del tumore più frequente nelle donne, con una sopravvivenza a 5 anni che in Italia arriva all’87%, superiore al resto dell’Europa dove si attesta all’82%.
Esistono dei fattori di rischio non modificabili come il sesso, per cui essere donna non aiuta; l’età, che avanzando aumenta il rischio, tanto che circa l’80% dei tumori al seno sono nelle over 50; la familiarità, per cui si è figli dei propri genitori anche nella malattia; la genetica; l’aver avuto figli, che ha effetto protettivo ma che eticamente non può essere indicata come pratica per aumentare la protezione (anche detta pratica dei Lagomorfi, cioè dei conigli).
Detto ciò, i fattori non modificabili esprimono non una certezza ma un rischio, su cui si inseriscono altre variabili: i fattori modificabili. Le variabili epigenetiche, su cui si ha possibilità di scelta e responsabilità. E se le stime riportano che circa il 70% dei tumori maligni sono causati da fattori ambientali, per il tumore al seno questa percentuale raggiunge il 90-95%.
Spicca il ruolo del fumo di tabacco, solo da pochi anni considerato cancerogeno per la mammella, per cui il rischio di sviluppare il tumore è del 16% più alto nelle fumatrici rispetto alle donne che non hanno mai fumato, del 14% più alto nelle ex-fumatrici e del 10% più alto nelle donne esposte a fumo passivo.
E poi ruolo centrale attribuito al peso corporeo. L’obesità al momento della diagnosi è associata a un aumento del rischio di recidive, a una peggiore tolleranza alle terapie, a una ridotta qualità di vita e sopravvivenza, con una mortalità che aumenta del 41% rispetto a un normopeso.
Il tessuto grasso dopo la menopausa diventa particolarmente rischioso: prima sono le ovaie a produrre la maggior parte degli estrogeni coinvolti nello sviluppo del tumore, mentre dopo, quando le ovaie smettono di lavorare, è proprio il tessuto adiposo che diventa il maggior produttore di estrogeni, continuando così a stimolare negativamente il seno.
E menopausa a parte, il tessuto adiposo crea una infiammazione cronica, a base di citochine e radicali liberi, che creano terreno fertile per lo sviluppo tumorale.
Quindi peso stabile tutta la vita, indica come punto fondamentale l’American Cancer Society.
In termini quantitativi, il principio nutrizionale è quindi semplice: si mangia quanto si consuma.
In merito alla tipologia degli alimenti, il discorso è ancora più semplice: nessun alimento può definirsi protettivo. Su questo le pubblicazioni scientifiche sono rigorose. Un moderato effetto di protezione è dato dalla dieta mediterranea e in generale da un alto consumo di fibre.
Ma non esiste nessun cibo miracoloso. Né cavolfiori, né pomodori, né carote. Sui topi qualche dato positivo. Sugli esseri umani ancora nessuna evidenza netta. Siamo macchine complesse e rispondiamo a stimoli multipli. Immaginate che banalizzazione e semplificazione rispondere allo stimolo di un broccolo!
Gli alimenti da evitare? Solo uno: l’alcol. L’unico davvero correlato con il carcinoma della mammella. Il rischio aumenta con la quantità di alcol consumato: dal 7% al 10% in più per chi consuma 1 bicchiere di vino al giorno (142 ml, pari a 14g di alcool puro) o 340ml di birra, o 43ml di un superalcolico, del 20% in più se si passa a 2-3 consumazioni al giorno.
E poi l’altro membro dell’equazione: l’attività fisica. Il fattore più incisivo nel definire una condizione di rischio o di protezione.
Praticare attività fisica con costanza riduce il rischio di ammalarsi di tumore al seno. 150 minuti a settimana di attività da moderata a vigorosa sono in generale raccomandati per tutti i tipi di tumori. Ma i dati sulla mammella sono particolarmente interessanti, perché migliorano man mano che aumenta l’attività fisica: il rischio di ammalare si riduce del 3% per ogni due ore di camminata veloce (5km/h) o 1 ora di corsa (10 km/h) aggiunte alla settimana.
E in chi ha già avuto diagnosi di tumore, l’attività fisica previene dalla recidive, con una mortalità che si riduce di circa il 40%.
In sintesi: meglio una camminata veloce di due ore che un piatto di broccoli, meglio pedalare che mangiare carote, meglio giocare a tennis che bere centrifugati.
Volendo ottimizzare, diventa ovviamente più interessante fare entrambi. Prima allenarsi e poi mangiare sano.
Ma in questo rigoroso ordine di priorità. Nel rispetto della lotta.