Omega 3: integrazione anti-invecchiamento

età biologica

Omega 3: integrazione anti-invecchiamento

Oggi grande interesse rivestono gli over 50anni, fascia di età in aumento e sempre più attiva. Perché se è vero che l’età anziana inizia come dato ISTAT a 65anni, è anche vero che esistono 65enni che dimostrano 10 anni in meno e altri che sembrano invece più anziani di quello che sono.

Esistono cioè un’età anagrafica e un’età biologica. La prima è ovviamente definita, la seconda meno. MOLTO meno di quanto non si sia sempre pensato. Infatti, i geni raccontano chi siamo e anche di cosa ammaleremo, ma tali geni possono essere iper-espressi o silenziati. Se cioè il corredo genetico di un individuo è ABCD, il suo stile di vita può fargli esprimere più A e D, tenendo ad esempio B e C in silenzio. E se questi geni sono coinvolti in fenomeni patologici, ovviamente rimarrà sano nonostante il suo DNA abbia i geni favorenti la malattia.

Si parla di epigenetica, cioè della possibilità di modificare non il DNA ma la sua espressione, avendo quindi in mano cioè che potremmo essere. In parte. Ma in una parte significativa (v. anche Avocado: re dei grassi contro l’invecchiamento).

Così significativa da far assegnare nel 2009 il premio Nobel per la medicina  a Elizabeth Blackburn, per l’identificazione della telomerasi, uno degli attori protagonisti del meccanismo d’invecchiamento cellulare. Quando il DNA si duplica infatti, non riesce a farlo per tutta la sua lunghezza, ma lascia le sue estremità non copiate. A evitare che questa non copiatura determini danni nelle cellule figlie, intervengono i telomeri, delle sequenze poste alla fine dell’elica del DNA che non codificano per nulla e che nelle duplicazioni cellulari vanno via via persi. Con il passare del tempo, le telomerasi esauriscono progressivamente la loro lunghezza, fino a quasi scomparire. E allora l’ultimo tratta del DNA non più protetto duplica male, ammala e invecchia.

La Blackburn ha dimostrato su 106 adulti sedentari 55enni che l’integrazione con omega3 (1.25-2.5g/die) ha la capacità di RIALLUNGARE i telomeri dei leucociti, che si riattivano così come sentinelle del DNA, con quindi un forte impatto sulla possibile qualità dell’invecchiamento.

In qualche modo ha cioè portato indietro le lancette dell’orologio biologico.

Con un’integrazione.

Semplice epigenetica, che attribuisce a noi un ruolo attivo nel determinare parte del nostro invecchiamento.