La musica è servita
Per molto tempo i sensi sono stati considerati modulari, per cui i colori rimandavano alla vista, i suoni all’udito e il sapore al gusto. In anni recenti, un approccio più interattivo ha permesso di apprezzare come i sensi siano in realtà un’organizzazione multisensoriale con una forte e complessa integrazione di stimoli a livello cerebrale. E così, ciò che percepiamo come sapore è in realtà l’effetto di un processo di sinestesia che coinvolge oltre i più intuibili olfatto e gusto, anche la vista (di cui abbiamo trattato in Arte a tavola), il tatto e l’udito.
Già dalla fine degli anni 2000, alcune ricerche avevano evidenziato come specifici brani musicali potessero influenzare il comportamento di acquisto dei consumatori: l’ascolto di musica francese nel reparto vini attiva inconsapevolmente rimandi alla Francia, inducendo all’acquisto di vini francesi. Allo stesso modo, una musica tedesca facilmente riconoscibile induce la selezione di vini tedeschi. E una musica strumentale spagnola in una mensa universitaria americana spinge a scegliere la paella rispetto agli atri piatti proposti.
O ancora, la musica classica in sottofondo induce una spesa maggiore per alimenti e bevande. Per il vino, in particolare, piuttosto che aumentare la quantità acquistata, i clienti tendono a scegliere merce più costosa.
Dalla scienza alla tavola, anche gli chef si sono cimentati a creare esperienze complesse. Primo tra tutti Heston Blumenthal che nel suo ristorante The Fat Duck in Inghilterra, propone il piatto The sounds of the Sea, da assaporare ascoltando una colonna sonora con la registrazione di onde del mare e versi di gabbiani.
Condimento sonoro. Così lo definisce Charles Spence, psicologo alla Oxford University, che dimostra infatti come il gusto possa essere alterato a seconda della colonna sonora di accompagnamento. Un piatto può esser reso più dolce o più salato in base alla sola variazione musicale. Lo zucchero viene sostituito dalle note acute, di un pianoforte, e l’amaro dalle note basse di un ottone.
E così lo Xin Café in Shangai propone il dolcificante sonoro: una tazza di caffè riproduce una musica che il cervello associa al dolce riducendo il consumo di zucchero da parte dei clienti.
Forse esiste un’associazione con la posizione della lingua dei neonati – verso l’esterno e verso l’alto per assaggiare qualcosa di dolce, abbassata e allontanata per un sapore aspro – e il cervello potrebbe tenerne memoria e collegare l’alto (anche come suono) con il dolce e il basso con l’amaro.
Indipendentemente dal motivo…è affasciante ragionare sulla nostra complessità.
La musica quindi è servita.